La fuga da Gaza: un peso insostenibile.

La fuga dalla guerra, la lotta per non perdere identità e memoria: il racconto dell’autrice del nostro “Diario da Gaza”
Io, scappata da Gaza, mi sento morire per il senso di colpa, questo il titolo straziante del Diario da Gaza che ha commosso i lettori di tutto il mondo. Abbiamo incontrato l'autrice, una giovane donna palestinese che preferisce mantenere l'anonimato per tutelare la propria sicurezza e quella della sua famiglia, per comprendere meglio la profondità del suo grido di dolore e di speranza.La sua testimonianza è un pugno nello stomaco, un racconto crudo e intimo della fuga da Gaza, una terra martoriata dalla guerra e dalle ingiustizie. Non è solo la descrizione fisica della sofferenza, la paura dei bombardamenti, la fame, la mancanza di medicinali, ma soprattutto la lacerazione interiore di chi lascia indietro una vita, una storia, un'identità.
"Lasciare Gaza è stato come strappare un pezzo del mio cuore", ci ha confidato con voce rotta. "Ogni pietra, ogni albero, ogni vicolo conserva un ricordo, un frammento della mia storia. Ora, lontana, mi sento morire a poco a poco, divorata dal senso di colpa di aver abbandonato la mia casa, la mia gente, le mie radici."
Il suo diario non è solo un racconto di fuga, ma anche un potente atto di resistenza. Attraverso le parole, l'autrice lotta per mantenere viva la memoria di Gaza, per tramandare alle generazioni future l'esperienza di un popolo oppresso, per denunciare le ingiustizie subite. Descrive con dovizia di particolari la vita quotidiana, i momenti di gioia e quelli di disperazione, la solidarietà e l'umanità che ha trovato tra la sua gente nonostante il contesto drammatico.
"Ho scritto questo diario per non dimenticare", spiega. "Per non lasciare che la mia storia, la storia di Gaza, venga cancellata. Perché la memoria è l'unica arma che abbiamo contro l'oblio, contro l'indifferenza. È la nostra identità, la nostra resistenza."
La sua testimonianza ci ricorda l'importanza di dare voce a chi non ce l'ha, di ascoltare le storie di chi fugge dalla guerra, di comprendere la complessità delle loro esperienze e la lotta per la sopravvivenza, fisica e identitaria. Il Diario da Gaza non è solo un libro, è un grido silenzioso, ma potente, che ci chiama all'azione, alla solidarietà, alla riflessione su un conflitto che continua a lacerare vite e a seminare dolore. È una testimonianza che non può e non deve essere ignorata. Scopri di più sulla situazione umanitaria in Palestina con l'UNHCR
Il suo appello finale è semplice, ma potente: "Non dimenticate Gaza." E noi, leggendo le sue parole, non possiamo che promettere di non farlo.
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