Scurati ed El Akkad: Un appello per Gaza

Gaza: Un grido di silenzio nel fragore della guerra iraniana
“Su Gaza non abbiamo il diritto di arrenderci.” Questa la potente affermazione che emerge dal dialogo tra Antonio Scurati, autore del celebre romanzo “M”, e lo scrittore arabo-canadese Omar El Akkad, a commento della drammatica situazione nella Striscia. Mentre il mondo fissa con apprensione il nuovo, pericoloso fronte iraniano, la tragedia palestinese sembra relegata a un doloroso sottofondo, un silenzio assordante che impone un profondo esame di coscienza, soprattutto alla comunità intellettuale.Scurati ed El Akkad, in un confronto che si preannuncia come un importante contributo al dibattito pubblico, hanno sollevato punti cruciali. La guerra in corso, la distruzione, la sofferenza indicibile della popolazione civile: tutto questo, mentre l'attenzione mediatica si concentra altrove, rischia di tradursi in una complice indifferenza, in un'accettazione passiva di una realtà inaccettabile.
Il loro appello è un grido contro questa cecità. Un invito a non abbassare lo sguardo di fronte all'orrore, a non cedere alla stanchezza e all'abitudine al dolore. "Non abbiamo il diritto di arrenderci", ribadiscono, sollecitando una presa di posizione netta e un'azione concreta da parte di istituzioni e individui. La comunità internazionale, assorta nei complessi equilibri geopolitici, sembra aver perso di vista l'urgenza di un intervento efficace per garantire la protezione dei civili e porre fine alla violenza.
La riflessione di Scurati e El Akkad si estende oltre l'emergenza immediata, interrogandosi sul ruolo della letteratura e della cultura nel denunciare le ingiustizie e nel promuovere la pace. La loro conversazione si configura come un potente monito: la letteratura non può rimanere silente di fronte alla sofferenza, deve diventare una voce forte e chiara, un faro capace di illuminare le tenebre e di scuotere le coscienze. In un mondo sempre più diviso e complesso, il loro appello è un faro di speranza, un invito a riaccendere i riflettori su una tragedia che, nonostante il silenzio, continua a gridare vendetta. Un impegno civile necessario per chi si definisce intellettuale e per chi crede nella dignità umana.
È necessario, concludono entrambi, un impegno globale e costante per far sentire la voce dei palestinesi, per rivendicare i loro diritti, per costruire un futuro di pace e giustizia. Un futuro dove il loro dolore non venga soffocato dal rumore della guerra, ma ascoltato, compreso e finalmente, risolto.
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